Capiranno gli educatori che il campo era per loro?
Capiranno gli educatori che il campo era per loro?
Dopo tanti anni, dopo tanti incontri, pensieri affollati, sorrisi di bimbi, difficoltà di relazioni, libri letti, parole ascoltate, ecco che l’annosa domanda trova risposta in un solito sabato mattina di insoliti risvolti.
Capiranno gli educatori che questo è prima di tutto per loro?
Si’, ma cosa è per loro?
E’ per loro quello che in quel momento vivono e così facendolo testimoniano: dal menfreghismo, al dover fare, al “devi essere”, al “ci credo davvero”.
Ecco allora che scegli di essere educatore e non di fare l’educatore.
Ex ducere per tirare fuori quello che c’è. Di buono. Ma anche di non buono.
Solo che.. capiranno gli educatori che prima di tirare fuori qualcosa dagli altri devono saperlo tirare fuori da sè?
Capiranno glie ducatori che lo scopo non è insegnare qualcosa, ma guidare alla maturità?
Il mondo non ha bisogno di maestri, ma di testimoni.
Sì, lo capiranno. Lo capiranno quando sperimenteranno che educare non è una tecnica, ma un prendersi cura.
Ecco allora che i ragazzi ci fanno arrabbiare per metterci alla prova e vedere quanto teniamo a loro. E la cosa più bella è che 15 anni dopo loro ricordano che tu sei stato capace di stare di fronte a loro nonostante tutto.
Sì, perchè nella vita non si sa mai. E un sabato mattina quasi qualunque ti trovi in piscina con il figlio treenne che per la prima volta entra in vasca piccola da solo. Mille paure di mamma, il coraggio fermo di papà e il giovane maestro di nuoto che deve conquistare la fiducia dei piccoli.
Un armadio a due ante di quasi un metro e 80 contro il neanche un metro dei piccolini. Un sorriso smagliante, occhi ancora furbini e mille tatuaggi segni di una sua storia da raccontare. Nel delirio di mamme apprensive, bimbi incerti tra il pianto e la voglia di buttarsi in acqua, una voce squillante mi assale alle spalle.
MA CIAOOOOO CATEEEEE CHI L’AVREBBE MAI DETTO CHE ADESSO AVREI AVUTO TUO FIGLIO?!?!?
SAPETE??? (rivolto agli altri genitori, già basiti dalla fervida accoglienza riservatami) IO LEI..L’HO FATTA MORIRE!! ERA LA MIA EDUCATRICE QUANDO ERO PICCOLO!!! L’HO FATTA MO-RI-RE!
Eh gia’ chi l’avrebbe mai detto?!?! Sfogliando rapidamente nella mente mille volti di ragazzi, mi aggrappo sicura a dieci anni fa. Un sussulto mi sorprende di nuovo: NICOLA. Nicola di Pievesestina. Un incubo di bambino. Diverse notti passate con Andrea e don Luca. Mi vengono in mente in sequenza ritmica e non combinata scene di sgridate, rimproveri, chiacchierate a quattr’occhi, camminate in passeggiata per intercettare i loro discorsi di dodicenni ribelli e un po’ anarchici da campo scuola.
La responsabilità educativa. Io ho avuto modo di instaurare una relazione con te, fatta forse piu’ di urli che di sorrisi, e tu ti ricordi di me? Addirittura sei anche un po’ soddisfatto!?!? Immediatamente penso che io ho avuto la grossa responsabilità – capendolo meglio dieci anni dopo – di dire qualcosa alle figure educative di domani. Cioe’.. lui adesso si pone come figura educativa dei miei figli e qualcosa l’ha imparato da me. Ma se io gli ho solo urlato in faccia.. ha imparato questo?!?
L’esempio è sicuramente riduttivo, ma mi rendo improvvisamente conto di quale grossa responsabilità ho effettivamente avuto e adesso sale la paura di non averla capita fino in fondo e quindi usata bene.
Gli educatori hanno capito – dieci anni dopo – che tutto quello era prima di tutto da vivere per loro.
Saranno ancora buoni i frutti dopo dieci anni?
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